domenica 7 ottobre 2007

UN LIBRO DA NON PERDERE: SFREGIO


di Francesco De Filippo, 17,00 euro : Edito da Mondadori



L’autore, Francesco De Filippo, è un napoletano trapiantato a Roma, dove fà il giornalista. " SFREGIO" è la sua terza esperienza letteraria e lo ha dedicato ad Andrea Camilleri suo maestro, a Svel. a Paolo Cecere, fratello. Ai napoletani. E' una storia d'amore, è una storia napoletana, è una storia di camorra, di malavita organizzata. Il romanzo è scritto con moltissime battute e frasi in dialetto napoletano, a volte sono comiche, altre drammatiche e danno più atmosfera e forza alla vicenda. Francesco racconta di Gennarino Sorrentino, uno scugnizzo sveglio e obbediente che non lavora ma " Campa". Gennarì è abilissimo nell’arte di arrangiarsi quotidianamente per non farsi mancare niente, ma nel quartiere fa ‘cattive amicizie’ e ben presto viene notato dai capi della camorra che gli affideranno incarichi sempre più importanti e di fiducia. Gennarino, che vuole solo campà diventa, in breve tempo un criminale di Fiducia e di punta nel crimine organizzato. Verrà coinvolto nel narcotraffico internazionale dove i corrieri sono avvenentissime prostitute d'alto bordo. Partecipa ad azioni di pestaggio e omicidi. Quando Gennarino arriva ai vertici dell'organizzazione, Pamè, la giovane moglie disperata perche il marito fà parte della camorra lo lascia portandosi via i figli. Ma al culmine del degrado Gennarì si riprenderà è riescirà a dare una svolta alla sua vita.“Il messaggio è forte: -dice Francesco De Filippo- si può cambiare, si può dire di ‘no’ e si deve cambiare la storia di Napoli perché la camorra si può sconfiggere.” Ho sentito per telefono l'autore per un breve commento: " Mò Teng' a fa'" mi risponde e mi promette che quanto prima mi telefona o mi scrive due righe.

Mi ha scritto: Nonostante tutte le dediche in epigrafe, Sfregio è un libro dedicato ai ragazzi dei quartieri difficili di Napoli. Ai tredicenni, ai quindicenni di Scampia, della Sanità, di Mater Dei, della Pignasecca: alle ragazze prosperose si nota, dalle pance scoperte come è di moda, un leggero e prematuro trabocco di adipe, e, dagli occhi, una provocante voluttà naturale; nei maschi è evidente l’adolescenziale desiderio di strafare sempre temperato da un atteggiamento vigile, indotto: nei territori di caccia occorre sempre fare attenzione.
Sono i ragazzi buoni, sani, quelli che si tengono alla larga dai satrapi della camorra; si aggrappano ai pali, alle maniglie delle fioriere di cemento, alle borsette delle madri, alle portiere degli autobus per non essere risucchiati dalla bora della criminalità.
Sono i ragazzi che – se nati a Pistoia, Bergamo, Vienna, a Munster, a Lille – vedresti lavorare in un hotel di lusso, in una banca, dare calci a un pallone in uno stadio affollato, qualcuno primeggiare nell’arena dell’imprenditoria. Gli stessi che a Napoli nella realtà finiranno per barcamenarsi tra un operatore corrotto della Asl e uno scaldabagno da aggiustare, le cambiali per la cucina nuova e una dose da procurarsi; qualcuno sfodererà raffiche di kalashnikov e poi la pagherà cara.
Tutto si svolgerà in modo maledettamente inconsapevole, con una velocità impercettibile.
Ecco, io spero che questi ragazzi possano un giorno avere le stesse chance di vita dei loro coetanei nati qualche centinaio di chilometri più a Nord, flettere i muscoli come una fionda a blocchi di partenza fissati per tutti sulla stessa linea prima dello sparo (a salve) che dà il via: bianchi, neri, gialli, grassi, alti e magri.

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